Pompei fa sempre notizia. Gli abusivismi e le altre forme di illegalità che si commettono ogni giorno dentro e fuori al Parco archeologico più celebre dell mondo, sono un argomento che offre sempre nuovi spunti ai media, soprattutto quando sono a corto di notizie.
Il fatto è che se per abusivismo si vuole intendere la calce, i mattoni, il ferro e le altre strutture edili (per non dire il cemento armato) che deprimono il valore delle antiche presenze storiche, preservate per millenni all’interno del centro abitato dalla cenere del Vesuvio, bisognerà prendere atto dell’evidenza storica che i centri urbani vesuviani attuali, ed in particolar modo la nuova Pompei, sono stati edificati sopra alle testimonianze fuori dalle mura antiche (extra moenia) mentre il sito archeologico è stato formato all’interno delle mura romane.
Del resto è una realtà consolidata dalle presenze di reperti antichi “a cielo aperto” all’interno della città mariana. Di fatto, la Pompei dell’impero romano (che all’epoca aveva raggiunto la cifra di 25 mila abitanti) è presente in tutto il tessuto abitato. Alcuni monumenti di grande valore storico si trovano nei fondi privati, altri nei giardini delle ville private, altri ancora sotto gli edifici istituzionali (come le Case Operaie di proprietà della Chiesa locale).
Riguardo alle situazioni di illegalità dell’area di maggiore osservanza (vale a dire Piazza Esedra con l’ingresso agli Scavi di Porta Marina Inferiore e Porta Marina Superiore), sono numerose le denunce, le osservazioni e le critiche mosse negli ultimi venti anni al ceto degli operatori turistici privati mentre, al contrario, sono risultati oggettivamente sporadici ed inefficaci gli interventi pubblici.
Ci riferiamo non solo ai risultati delle operazioni condotte dalle diverse forze della polizia locale ma anche a quelli derivanti dalle direttive degli stessi organismi governativi. Pensiamo agli anni di commissariato dei governi di centrodestra ma anche alla direzione dell’Unità Grande Pompei, impegnata sulla progettazione per il futuro ma assente sul versante della repressione delle varie forme d’illegalità ambientale nell’area Scavi.
Il fatto è che scardinare l’assetto di presenze parzialmente illegali (riguardo al rispetto del patrimonio archeologico) che si è consolidato col tempo - sotto la guida di tecnici del settore edile, urbanisti ed avvocati e l’avallo di buona parte del ceto politico degli ultimi anni -, è operazione complessa per non dire impossibile. Sia perché è passato molto tempo ma soprattutto perché è difficile separare ciò che è regolare da ciò che, invece, regolare non risulta.
Questa considerazione non può però servire da alibi a chi è chiamato a far rispettare le regole. Il rischio è di alimentare la sfiducia degli operatori onesti che subiscono una concorrenza sleale.
twitter: @MarioCardone2
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