Traffico internazionale di armi e materiale dual use (prodotti finiti, semilavorati, componenti, macchinari inclusi i software, le tecnologie ed i servizi che possono avere sia uso civile sia uso militare) destinati a Paesi in cui vige l'embargo, tra cui Libia e Iran.
Quattro persone sono state sottoposte a fermo (tre italiani ed un libico). E' l'operazione "Italian Job" condotta dalla Guardia di Finanza di Venezia, collaborata dallo SCICO e dai reparti territoriali, e coordinata dalla DDA di Napoli.
Coinvolti Andrea Pardi, amministratore della Società Romana Elicotteri srl, e due coniugi di San Giorgio a Cremano, Mario Di Leva (68 anni) e Anna Maria Fontana (63 anni), convertitisi all'Islam.
Tutti sono indagati per i reati di traffico internazionale di armi e materiale dual use, aggravati dal fatto che le attività illecite erano svolte in un contesto transnazionale.
Pardi, in assenza delle necessarie autorizzazioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e del Ministero dello Sviluppo Economico, ha compiuto - per gli inquirenti (l'inchiesta è stata condotta dai sostituti procuratori Catello Maresca e Maurizio Giordano, procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli) - nel 2015 atti idonei ad esportare in Libia - Stato sottoposto ad embargo internazionale con decisione del Consiglio dell’Unione Europea - elicotteri militari di fabbricazione sovietica ad uso militare, fucili d’assalto, missili, nonché materiale dual use.
I due coniugi, oltre ad aver concorso con Pardi nelle condotte illecite a quest'ultimo contestate, tra il 2011 e il 2015, hanno ceduto in Libia armi da guerra, nonché missili terra-aria e anti-carro, prodotti in Paesi dell’ex blocco sovietico. A ciò si aggiunge la vendita di pezzi di ricambio per elicotteri ad uso militare e materiali dual use ad una società con sede in Iran, Paese anch'esso sottoposto ad embargo internazionale.
Al riguardo, al fine di eludere i divieti internazionali, la coppia napoletana ha ceduto i materiali avvalendosi di società estere a loro riconducibili.
Inoltre, Di Leva e la moglie avrebbero compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad effettuare operazioni di esportazione di beni dual use, consistiti nell’intavolare concrete trattative commerciali per l’introduzione di materiali per la produzione di munizionamento in Iran.
Infine, tra gli indagati c'è un cittadino libico a cui viene contestato il traffico internazionale di armi, avendo concorso con i coniugi di Leva per la cessione in Libia di armi da guerra. L'uomo si sarebbe anche recato in Ucraina per verificare la qualità degli armamenti, dopo essere stato accreditato da Di Leva presso l’impresa ucraina fornitrice quale suo “direttore della produzione”.
(Nella foto, la coppia in compagnia dell'ex premier iraniano Ahmadinejad)
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