I finanzieri del Comando provinciale di Napoli, nei comuni di Poggiomarino e Nola, hanno sottoposto a sequestro due opifici clandestini, entrambi sprovvisti dei requisiti minimi di sicurezza, di cui uno dotato anche di un dormitorio ospitante tre minori ed uno utilizzato per la produzione di prodotti d’abbigliamento contraffatti.
Nel corso del primo controllo, condotto dal Gruppo di Torre Annunziata nella città di Poggiomarino, i finanzieri hanno scoperto una sartoria, di circa 130 mq, completamente abusiva e gestita da una cittadina cinese, denunciata alla Procura della Repubblica oplontina, in cui venivano realizzati capi d’abbigliamento “low cost” grazie al fatto che l’azienda, economizzando sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, violava ogni prescrizione di legge.
Gli operai erano infatti costretti a dormire, insieme a tre minori, in una stanza con cucina priva delle minime condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza ed a lavorare in condizioni di illegalità, privi di un regolare contratto di lavoro e con turni particolarmente prolungati.
In un secondo intervento, i militari della Compagnia di Nola, in collaborazione con personale della polizia locale, hanno invece scoperto, in località Piazzolla, una “fabbrica del falso” ricavata nel sottoscala di un’immobile residenziale sprovvisto dei requisiti minimi di sicurezza.
Nei locali di circa 1.000 mq, utilizzati per la realizzazione di prodotti d’abbigliamento contraffatti, sono stati trovati non solo 107.174 capi d’abbigliamento identici a quelli prodotti da note case di moda ma anche macchinari, cucitrici, impianti di stiraggio e diversi metri di tessuto contraffatto.
Sorpresi a lavorare all’interno della sartoria, in cui venivano commesse anche violazioni sullo smaltimento dei rifiuti derivanti dalla lavorazione dei prodotti tessili, ben dodici soggetti extracomunitari sprovvisti di un regolare contratto di lavoro.
Obiettivo dei titolari degli opifici e dei titolari delle ditte che vi lavoravano all’interno, complessivamente tre italiani e tre extracomunitari, denunciati alla competente Autorità Giudiziaria, per reati che vanno dall’abuso edilizio all’illecito smaltimento di rifiuti alla contraffazione, era quello di immettere nel circuito commerciale, in tempi di crisi, prodotti dal prezzo accattivante, taluni identici a quelli di note case di moda, andando così a danneggiare le società titolari dei marchi.